27
Mag

Per amore di un uomo. J.L.

Come te lo spiego il diritto che l’amore rivendica sulla violenza? Come te lo spiego che la violenza sente di dovervi acconsentire?

“Aveva un modo brusco di prendere tra le mani la testa di Buk appoggiandovi sopra la propria e scrollandola avanti e indietro mentre lo chiamava con insulti che erano parole d’amore. Buk non conosceva una gioia più grande di quel brusco abbraccio e di quel mormorio di imprecazioni e ad ogni scrollare aventi e indietro pareva che il cuore gli balzasse fuori dal petto tanto era egli estasiato, e quando dopo, lasciato libero si drizzava in piedi con la bocca ridente e gli occhi loquaci e la gola che vibrava di suoni inarticolati e restava immobile in quella posa, John Thornton esclamava con venerazione : buon Dio! Ti manca solo la parola!

Buk aveva un modo suo di esprimere l’affetto, che quasi arrivava alla violenza. Spesso prendeva la mano di Thornton e la stringeva tanto che per un po’ i segni dei suoi denti restavano sulla carne. E come Buk comprendeva che le imprecazioni erano parole d’amore così l’uomo comprendeva che questa specie di morso era una carezza. Solitamente tuttavia, Buk esprimeva il suo amore attraverso l’adorazione. Benché impazzisse di gioia quando Thornton lo toccava e gli parlava, non andava in cerca di questi segni di affetto, a differenza di Skeet che soleva ficcare il naso sotto la mano di Thornton per richiamare la sua attenzione fin quando quello non lo accarezzava, o di Nig che avanzava lento e impettito e appoggiava la grossa testa sulle ginocchia di Thornton, Buk si accontentava dell’adorazione a distanza. Restava accucciato per ore ai piedi di Thornton, guardando appassionato e attento dal sotto in sù, indugiando a studiare le linee del suo volto, seguendo con molto interesse ogni fuggevole espressione, ogni movimento o cambiamento d’aspetto. Oppure se succedeva che fosse sdraiato più lontano, di lato o alle sue spalle, osservava il profilo dell’uomo e le mosse casuali del suo corpo ed essi vivevano in un tale stato di comunione che spesso lo sguardo di Buk attirava l’attenzione di John Thornton, il quale volgeva la testa e gli restituiva lo sguardo senza parole, con l’affetto che gli brillava negli occhi così come brillava negli occhi di Buk. Per molto tempo dopo essere stato salvato, Buck mal sopportòche Thornton s’allontanasse dalla sua vista. Da quando lasciava
la tenda a quando vi rientrava, Buck seguiva i suoi passi. Ilcontinuo mutamento di padrone da quando era giunto nel Nord, aveva fatto sorgere in lui il timore che nessun padrone fosse duraturo.
Ed egli paventava che Thornton uscisse dalla sua vita come Perrault e François e il mezzo-sangue scozzese. Perfino di notte, in sogno, era ossessionato da questa paura; e allora balzava dal sonno e scivolava nel freddo fino all’apertura della tenda, restando lì ad ascoltare il suono del respiro del suo padrone.
Ma nonostante questo grande amore per John Thornton, che sembrava rivelare l’influenza della mite civiltà, I’impeto del primitivo che il Nord aveva risvegliato in lui rimaneva vivo e attivo. Egli possedeva la fedeltà e la devozione, creature del fuoco e del tetto; e tuttavia manteneva la sua selvatichezza e la
sua astuzia. Era una creatura della foresta, venuta dalla foresta per sedersi davanti al fuoco di John Thornton, piuttosto che un cane del mite Sud segnato dalle impronte di generazioni civili. Per il suo
grande amore non avrebbe mai rubato nulla a quell’uomo, ma per qualsiasi altro uomo, in un altro accampamento, non avrebbe esitato un attimo; e l’astuzia con cui sapeva rubare gli permetteva di evitare di lasciarsi cogliere. Aveva il muso e il corpo segnati dai denti di molti cani, e sapeva combattere ancor
più fieramente che mai, e con maggiore accortezza. Skeet e Nig erano troppo bonari per azzuffarsi con loro, e inoltre appartenevano a John Thornton; ma i cani stranieri, di qualsiasi razza e valore, dovevano riconoscere subito il dominio di Buck o trovarsi a combattere per la vita con un terribile avversario. Buck era senza pietà. Aveva conosciuto bene la legge del bastone e della zanna, e mai trascurava un vantaggio o si ritraeva davanti ad un nemico che aveva avviato sulla strada della morte. Aveva preso lezione da Spitz, e dai principali cani combattenti della polizia e della posta, e sapeva che non c’era via di mezzo. Doveva dominare o essere dominato; e mostrare pietà sarebbe stato debolezza. La pietà non esisteva nella vita dei primordi. Veniva considerata come paura, e questo malinteso significava
morte.

Uccidere o essere ucciso, mangiare o essere mangiato, era questa la legge; e a questo comandamento che sorgeva dalle profondità del tempo egli prestava obbedienza. Era più vecchio dei giorni che aveva vissuto, dei respiri che aveva respirato. Riuniva il passato al presente, e l’eternità dietro di lui palpitava in lui in un ritmo potente insieme al quale egli oscillava al pari delle maree e delle stagioni. Sedeva presso il fuoco di John Thornton: cane dal petto largo, dalle bianche zanne, dal lungo pelo; ma dietro di lui vi erano le ombre di cani di ogni specie, metà lupi e lupi selvaggi, che lo incalzavano e lo sollecitavano assaporando il cibo che lui mangiava, assetati dell’acqua che beveva, fiutando con lui il vento, ascoltando con lui e sussurrandogli i suoni della vita selvaggia nella foresta, suggerendogli i movimenti, dirigendo le sue azioni, sdraiandosi al suo fianco a dormire quando si accovacciava, sognando con lui e su di lui divenendo essi stessi l’oggetto dei suoi sogni.

Cosi imperioso era il richiamo di quelle ombre, che di giorno in giorno s’allontanavano da lui il genere umano e le sue pretese.”

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